Madre Carmelita, al centro, del il suo 25° di professione
Madre Carmelita, al centro, del il suo 25° di professione

 

Madre Carmelita di San Giuseppe

 

1912-1992

 

Il Carmelo vive della spiritualità di Maria

 

 

Giovannina Catapano nacque a Taranto, da Arcangelo e Concetta Dipierro, il 28 Novembre 1912, all’inizio del complesso secolo ventesimo. Con un bel volto, gioviale, crebbe serenamente. I genitori fecero sì che potesse coltivare i suoi talenti e in particolare la sua passione per la musica.

Dopo aver riflettuto bene sull’importante scelta che portava nel cuore, a ventisei anni, entrò nell’antico Monastero di S. Maria Maddalena de’ Pazzi, sito nel caratteristico centro storico di Ostuni. Il 19 Marzo del 1938 ottenne l’abito carmelitano, iniziando il noviziato canonico e prendendo il nome di Carmelita di S. Giuseppe. Aperta e comunicativa, presto si guadagnò la fiducia delle compagne e la stima di diverse monache. Il 14 Aprile del 1940, in piena seconda guerra mondiale, pronunciò i suoi voti temporanei e, nel 1943, sempre il 4 Aprile, la sua professione solenne.

 

Finita la guerra che tante rinunce e disastri aveva causato, diversi Carmeli si trovavano in difficoltà, non solo per i problemi economici, ma anche per la rarità di soggetti adatti a fungere da guida della comunità. Così lo storico Monastero della S. Croce di Lucca, sito in Napoli dal 1537, stava affrontando uno dei momenti più difficili della sua storia. I danni all’edificio di salita Pontecorvo erano ingenti, in alcuni ambienti l’acqua scorreva dai tetti e sarebbe stato urgente provvedere a lavori importanti di risanamento. Un altro aspetto problematico era stato determinato dalla richiesta d’uscita della priora in carica, la madre Lea Gubitosi. Le privazioni della guerra e la cattiva salute non le consentivano di poter proseguire al Carmelo e, nel 1944, chiese di poter passare ad un altro istituto con osservanze meno impegnative.

 

Con difficoltà e sotto la guida delle madri più anziane, come madre Maria Teresa di S. Francesco (1889-1969) e Maria Luisa del Volto Santo (1880-1961), le monache erano arrivate al 1948 quando si erano rivolte al Padre Generale per chiedere una priora e una formatrice da qualche altro monastero.  P. Kyliano Linch si era rivolto alla madre Carmela di Ostuni, chiedendo due monache per l’aiuto della S. Croce di Napoli. Dopo gli opportuni contatti, la scelta della priora cadde su suor Maria Carmelita Catapano e suor Maria Metilde Bagnulo che, in spirito di fede, senza conoscere nulla della comunità di cui si sarebbero dovute assumere la responsabilità di una quasi rifondazione, accettarono la difficile missione. Ai tempi, date le distanze, l’osservanza della clausura e le difficoltà riguardo ai mezzi di trasporto disponibili, era impossibile pensare anche a qualche mese di un’esperienza o di conoscenza graduale. Fu così che suor Carmelita e suor Metilde, giunte a Napoli il 21 Aprile 1949, il 23 Aprile, furono presentate al capitolo, dal Commissario Generale della Bruna, p. Alberto Salzano, come nuova priora e  nuova maestra. Il quadro era impegnativo e il padre Commissario non lo nascose alle nuove venute:

 

In pari tempo e perché, dopo le disastrose conseguenze della guerra che ha portato un po’ di sbandamento tra le monache costrette a lasciare il proprio monastero e andar raminghe nei Monasteri Carmelitani di Ravenna, Vetralla e Fisciano, delle varie citta d’Italia, La Comunità possa riprendere in pieno la sua vita regolare, il Molto Reverendo P. Commissario nomina provvisoriamente le altre Officiali come appresso.

 

Successivamente, madre Carmelita chiese l’ulteriore trasferimento di un’altra monaca da Ostuni,  suor Maria Pia della Vergine del Carmelo, ostunese.

A più riprese resse la responsabilità priorale dal 1949 al 1955; dal 1955 al 1958; per due trienni, dal 1961 al 1967. Successivamente, con le dovute alternanze, nei trienni 1967-1969; 1973-1976; 1982-1985. Sotto il suo priorato, tra il 1949 e il 1963, entrarono diverse monache a partire da suor Pasqualina Nicotera, poi madre Teresina, successivamente priora della comunità. Poi suor Maria Chiliana di Roccadaspide (SA), suor Maria Maddalena di Capurso (BA), suor Maria Celina di S. Pier Tommaso di Fondi, suor Nazarena dell’Immacolata (Nardò di Pace - CT), suor Maria Agnese e suor Maria Elia della Vergine del Carmelo di Taranto, suor Maria Coppola di Pomigliano d’Arco, suor M. Albina di Gesù Ostia di Pisticci (MT) e suor Elisabetta della Trinità di Rodio di Pisciotta (SA).

 

Dopo la formazione delle vocazioni, il problema più serio per il Carmelo napoletano era costituito dalla situazione del monastero. Molti erano stati i confronti con i padri sull’opportunità di procedere a restauri oppure pensare ad una nuova costruzione. Al termine, nel Giugno 1961, l’idea delle monache fu quella di vendere l’immobile sito in Via Pontecorvo ad un’impresa che avrebbe dovuto consegnare il nuovo monastero. Ma la pratica andò per le lunghe. Per questa ragione, nel Dicembre 1968, per poter vendere lo stabile storico, le monache chiesero di trasferirsi temporaneamente da piazza Gesù Maria, nell’ex Collegio dei Padri di Bellavista sito in Via Madonnelle 21, in attesa della costruzione del nuovo monastero. Il tutto ebbe luogo solo nel luglio successivo.

 

Iniziava così la difficile stagione post conciliare nella vita religiosa e nelle realtà claustrali, con l’unificazione delle monache in un unico gruppo, senza la distinzione tra coriste e converse, i corsi di formazione alla nuova liturgia in italiano, la cura per il canto gregoriano, i Convegni per la revisione delle Costituzioni (Agosto 1972), a cui la madre partecipò con impegno. Quando le difficili vicende per l’acquisto del terreno dove costruire il monastero e l’inflazione galoppante degli anni settanta, malgrado tutte le consultazioni fatte e autorizzazioni avute, posero la comunità dinanzi ad un debito sempre più grave, con grande umiltà ritornò semplice monaca, portando nella preghiera la sua sofferenza e le preoccupazioni che la guida di una comunità tanto provata le causavano.

 

La sua formazione spirituale era stata, secondo la tradizione ostunese, tradizionale e forte. Pochi principi guidavano la sua direzione di marcia: «Quanto più moriremo a noi stessi, tanto più sentiremo l’amore di Gesù». Un chiaro tratto mariano la segnava: «Il Carmelo vive della spiritualità di Maria e nella nostra Regola c’è la vita di Maria. Silenzio e sacrificio. Unione con Dio».

 

Non si faceva illusione sui limiti dell’esperienza umana, ma con vero realismo annotava: «La nostra vita è come una lampada ardente, l’olio non manca perché abbiamo la spiritualità di Maria, prerogativa del Carmelo, quindi la fiamma c’è. Però, il vetro della lampada viene offuscato dalla nostra infedeltà: piccoli attacchi, superbia, amor proprio ecc. Perciò la luce è opaca, per poter dare lice all’anima nostra e spanderla fuori alle anime. Allora bisogna togliere ciò che impedisce alla luce di essere chiara. Dobbiamo corrispondere all’amore della Madonna innestando il nostro cuore al Suo». Tante volte, sotto i suoi appunti di meditazioni e ritiri ritornava un desiderio: «Senza il silenzio non saremo mai anime contemplative. Il silenzio è l’ambiente in cui si sviluppa l’unione con Dio».

 

Le monache antiche scrivevano poco. Talora, senza sentire le loro ragioni, hanno sofferto il disprezzo anche da parte di chi avrebbe dovuto sostenerle. Ma, nel segreto di una preghiera capace di tenere per una vita intera, hanno dato prova di una fedeltà lontana da tutto ciò che brilla. Il loro modello ascetico non sempre è direttamente imitabile o consigliabile, ma la loro dedizione all’impegno preso con il Signore è fuori discussione e meritevole di ogni considerazione.

 

«Sanctificetur nomen tuum… Adveniat Regnum tuum…Fiat Voluntas tua. Tre punti a cui deve tendere continuamente il cuore di una religiosa per farsi santa». Soffrì molto per le difficoltà di una comunione con alcune consorelle, dentro e fuori la sua comunità, con cui avrebbe voluto mantenere un dialogo ben più profondo. Ma anche questo divenne motivo della sua offerta quotidiana al Signore. A ottant’anni, il primo Marzo 1992, assistita dalle consorelle della S. Croce a cui aveva dedicato la giovinezza e la vita, spirò serenamente, affidandosi al Signore.

 

 

 

 

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