GIOVANNI BATTISTA ROSSI

 

Bartolomeo (poi Giovanni Battista) Rossi nacque a Ravenna il 4 ottobre 1507, da Domenico, dei conti di San Secondo. 

Questi, in prime nozze aveva sposato Lorenza Murlini da cui aveva avuto due figlie.

La famiglia Rossi, pur godendo di un prestigio antico e le armi gentilizie (gigli dorati su sfondo azzurro turchino, con un leone dorato e bastoni rossi e bianchi), per rovesci di fortuna, si trovava in situazione modesta, ospite nel palazzo Murlini.

 

Alla morte di Lorenza, Domenico si risposò con Orsola Misetti, da cui ebbe Francesco, Giovanni Battista e Pantasilea. Dei prozii di Giovanni, uno era vescovo di Treviso (Bernardo de' Rossi) e un altro consigliere dell'imperatore Massimiliano (Filippo M.).

 

Il fratello di Giovanni, Francesco, fu notaio in Ravenna. La famiglia si estinse nel 1825.

 

Giovanni Battista fu battezzato nel battistero neoniano della sua città, il 10 ottobre del 1507, ma all'età di sette anni, avendo perso il papà, fu reso "fratino" presso i Carmelitani ravennati, sotto la protezione dello zio paterno, Pier Giovanni. Un altro zio, Giacomo, era priore dei Domenicani.

 

E' probabile che abbia professato il 1522 e presto, per la sua brillante riuscita negli studi, fu inviato a Siena nel 1524 e nel 1533 a Padova. Il 31 maggio 1534 divenne lector biblicus,il 27 ottobre 1536 baccelliere e nel 1539, partecipò come socio, al primo capitolo generale della sua vita.

 
Nel 1542 fu scelto come reggente dello Studium generale
di Napoli e sostenuti vari incarichi, nel 1546, fu eletto Procuratore generale. Alla morte dell'Audet, nel 1562, fu nominato Vicario generale, fino al capitolo del 1564 che lo vide eletto Priore generale dell'Ordine Carmelitano.

 

Pio V
Pio V

La Riforma del Generale Rossi

 

Il padre Rossi si trovò alla guida del Carmelo in un periodo certo non semplice, proprio durante l'attuazione dei decreti del Concilio di Trento.

 

Diverse provincie dell'Ordine presentavano un livello non eccelso sia nello stile di preghiera che di vita per molti frati.

 

Talune provincie come la Congregazione mantovana o di Albi, nate con intenti riformistici, tendevano sempre più a rendersi autonome dall'Ordine mentre il generale voleva mantenere il diritto di visita di taluni monasteri ormai sotto la giurisdizione dell'Ordinario come nel caso dell'importante Comunità fiorentina.

 

In Spagna, Filippo II stava facendo di tutto per avviare una sua personale riforma dei diversi ordini, compreso quello carmelitano, nutrendo poca fiducia nei sistemi tradizionali di correzione di costumi ormai più che centenari.

 

Proprio dalla visita di Spagna e Portogallo, a partire dai primi di aprile del 1566, volle cominciare il suo impegno gravoso di generale provvisto di incarico apostolico con la missione di eliminare le proprietà individuali e le facili dispense magarie richieste presso la curia pontificia, promuovere la preghiera e la vita comunitaria, lo studio per i frati idonei.

 

Filippo II
Filippo II

 

La visita in Spagna

 

Dopo aver incontrato il re a Madrid, incominciò la visita dalla provincia più problematica di Andalusia dove i frati presentavano non pochi problemi a partire dal provinciale Gaspare Nieto che egli depose e da suo fratello Melchiorre. Entrambi furono espulsi dall'ordine e si vendicarono accusando il generale dinanzi al re nel maggio 1567.

 

Seguì la visita in Portogallo e nei primi mesi del 1567 la visita alla Castiglia. Il 12 aprile presiedé il capitolo di Avila e incontrò a più riprese S. Teresa, prendendo atto del rifiuto da parte del provinciale Angelo de Salazar della nuova fondazione, non solo approvò le Costituzioni di S. Giuseppe, ma cercò anche di risolvere la complessa situazione giuridica della santa e delle sue sorelle provenienti dall'Incarnazione che, pur essendo sotto il governo dell'Ordine, con autorizzazione pontificia e assenso del provinciale, risiedevano però, in un monastero sottoposto all'Ordinario.

 

Con un discernimento coraggioso, considerato lo scetticismo se non l'opposizione del provinciale, il generale Rossi autorizzò Teresa a fondare altri monasteri sul modello di San Giuseppe, anche chiedendo l’aiuto delle sue consorelle dell’Incarnazione.

In seguitò, il 10 agosto 1567, autorizzò ancora due conventi di frati carmelitani "contemplativi" per seguirle spiritualmente, con alcune precise condizioni.

San José - Avila
San José - Avila

1. Tutte le fondazioni dovevano farsi in Castiglia e non in Andalusia, dove c’erano stati molti problemi e il generale non voleva che nascessero questioni tra fratelli.


2. Che monache e frati che sceglievano lo stile di Teresa si dovessero chiamare “contemplativi” e non scalzi e facessero parte, come le altre comunità della provincia di Castiglia sotto il suo provinciale.


3. Che i frati contemplativi non cercassero di rendersi autonomi dall’Ordine anche chiedendo l’aiuto di poteri secolari (cosa vietata a tutti i religiosi). Si riporta la parte dell’autorizzazione del generale:

 

Il Padre Generale Rossi concedeva al provinciale di Castiglia Alonso Gonzales e al p. Angelo di Salazar, priore di Avila, di accettare: “Due case con chiese a nome del nostro ordine, di nostra professione, di nostra obbedienza e di nostro abito…

Tali frati …si chiamino e siano case e monasteri dei Carmelitani contemplativi; ed anche aiutino i prossimi che si offrissero loro… tali religiosi vivano perpetuamente uniti nell’obbedienza della provincia di Castiglia.


E se in alcun tempo qualche frate, con pretesto di vivere in maggior perfezione, cercherà di appartarsi dalla provincia con favori di signori e con brevi e altre concessioni di Roma, li pronunciamo e dichiariamo uomini mossi e tentati da cattivo spirito, autori di sedizioni, di risse, contese, ambizioni, con inganno e perdizione delle loro anime...


E così vogliamo, perché non intendiamo dar inizio a discordie infernali, ma accrescere la perfezione della vita regolare carmelitana, che possiamo raccomandare dicendo che non se ne trova di più perfetta, come si può vedere nella sua Regola”.


Documenta ex regesto Generalis Rubei, G. Wessel ed., in Analecta ordinis Carmelitarum, 4 (1917-1922) 198.

 

In seguito avrebbe derogato più volte sul numero dei conventi escludendo, sempre, fondazioni in Andalusia e provincie autonome dall'Ordine. Al termine si dedicò alla visita delle provincie di Aragona e Catalogna.

 

S. Martino ai monti Roma
S. Martino ai monti Roma

Una puntualizzazione va fatta sulla sua concezione della clausura. Il generale era partito da Roma, prima di conoscere i decreti attuativi fino alla Circa pastoralis (1566) riguardanti l'irrigidimento canonico della clausura delle monache che toccavano pure quelle che nella professione non si erano mai impegnate alla clausura.

 

Quando al ritorno della visita, li conobbe, annullò tutti i permessi che egli stesso aveva dato senza particolari problemi, secondo lo stile antico, che permetteva tanto le uscite delle monache come l'ingresso di parenti e secolari, purché autorizzatidal superiore, con un atto successivo, del 17 novembre 1570. Anche le date fanno riflettere, se si vuole.

 

Sue priorità

 

Durante il suo mandato provvide all'integrazione delle Costituzioni dell'Ordine con le nuove norme tridentine, diede mandato per la revisione del Messale e del Breviario, dando forte impulso alla diffusione dello scapolare mariano tra i laici.

 

Devoto della Vergine stabilì la celebrazione solenne della Salve del Sabato e diede impulso alle missioni nelle Americhe in suo nome.

 

Notevole la sua attenzione per le Sorelle che manifestò, oltre che con l'impulso dato alle fondazioni teresiane, con visite in vari Carmeli, tra cui la Croce di Lucca di Napoli dove autorizzò la ricreazione comunitaria e altre dispense per le Sorelle con senso di umanità e misura. 

 

Dopo una vita intensa e non priva di travagli, morì nel convento carmelitano di San Martino ai Monti di Roma, il 5 settembre 1578.

 

 

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Nuova Antologia delle parole di Santa M. Maddalena de' Pazzi - 2021 Prefazione G. Betori
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