Sisto V


1520-1590

 

Tra i diversi papi che regnarono durante la vita della Santa, ella indirizzò una sua lettera a papa Sisto V, Felice Peretti, cardinal Montalto, francescano conventuale, passato alla storia per la grande fortuna economica accumulata.


Nato il 13 dicembre 1520 (+ 1590) nella Marca di Ancona da una famiglia di poveri contadini, potè beneficiare della protezione di uno zio, frate conventuale di Montalto che gli consentì gli studi accogliendolo tra i conventuali nel 1534.


Dottore in Teologia a Fermo, fu ordinato sacerdote nel 1547, attirò l'attenzione del cardinale Carpi, protettore dei conventuali, che ne promosse la carriera prima come predicatore poi come inquisitore.

 

Nel 1552 ottenne la protezione dell'inquisitore Antonio Michele Ghislieri, che lo guadagnò al partito rigorista. Si evidenziò anche come predicatore e malgrado non poche gelosie e ostilità anche per i suoi modi rudi nel 1561 fu Procuratore generale dell'ordine e dal 1566 vicario generale.


Nel 1557 fu nominato inquisitore a Venezia, dal 1560 fu consultore del S. Uffizio, nel 1565 fu a Toledo per inquisire il locale arcivescvo Carranza. Nel 1566 Pio V lo nominò vescovo e nel 1570 cardinale.


Fu eletto per acclamazione il 24 aprile 1585 e curò, durante il suo pontificato, con mano di ferro l'ordine pubblico, applicando la pena di morte contro il brigantaggio. Promosse l'edilizia, costruendo il palazzo del Vaticano e ricostruendo quello del Laterano.


Ebbe sicuramente ta i suoi obiettivi la riforma della Chiesa scegliendo la strada della riorganizzazione del governo, inventando la curia romana nei suoi dicasteri e ripristianando la visita ad limina dei vescovi.


Decisionista, ritenne di licenziare gli esperti che lavoravano alla revisione della Vulgata e provvedere personalmente ad un testo. Arrivò in fondo alla sua idea, ma appena dopo la sua morte, il testo con molte mende fu ritirato.


Convinto del potere assoluto del pontefice, non tollerava opinioni dissonanti anche dai suoi più vicini e fidati collaboratori, tra cui il Bellarmino, e alcuni suoi scritti riguardanti la politica ecclesiastica finirono all'indice.


A costui la Santa mandava a dire:«Mai vogli tener serrato il fonte della pietà standogli sempre impronto le chiave che tiene per dare a sudditi e ministri sua il Sangue della dolce Verità» e «non ne sia punto avaro» (RC, 64 / LR 2,17) con evidenti rimandi alle ben note questioni riguardanti una qual certa "commercializzazione" della salvezza.

 

C'è bisogno di precisare che tali lettere non furono mai inviate?

 

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