Il "cammino" di S. Teresa
Chiara Vasciaveo

in Vita Carmelitana 1 (2005) [67] pp. 13-15.

 

E' noto che una celebre opera di S. Teresa si intitola Cammino di perfezione, ma è anche ben conosciuto il fatto che ella viaggiò concretamente più di un gesuita.

 

Mi piace partire da questa sua attitudine che è insieme un evento spirituale e pedagogico, sottolineando il fatto che ella si pose in cammino non malgrado il suo essere monaca, donna contemplativa, affascinata da Gesù e dalla sua Parola, ma proprio in forza della sua vocazione, della sua passione per la Chiesa e il Carmelo, per comunicare la sua esperienza di Dio e il suo progetto di fraternità.


Questo fuoco che le bruciava il cuore non nasceva da lei, ma dal Vangelo e dall'antica Regola dei Fratelli di S. Maria del Monte Carmelo (1207-1214). E fu questo progetto che la condusse senza risparmio di fatiche e di rischi, dagli altipiani innevati della Castiglia fino alle rive lussureggianti del Guadalquivir in Andalusia, nel Sud della Spagna, ricche di profumi seducenti ed intrighi.

 

Qualcuno, come un nunzio, rimase scandalizzato da tanto ardire in una donna, giungendo a definirla:

«Femmina inquieta.

Vagabonda, disobbediente e contumace,

che a titolo di devozione inventa cattive dottrine,

andando in giro fuori della clausura

contro l'ordine del Concilio [di Trento]

e dei suoi superiori, insegnando come maestra

contro quello che ha insegnato S. Paolo,

il quale ha ordinato che le donne non insegnino».

 

In realtà, Teresa non usciva di monastero senza l'esplicito consenso dei suoi superiori e per una ben precisa missione. Ma quei viaggi che tanto le costavano, anche sul piano fisico, forse contengono un "segreto" che fratelli e sorelle, figli e figlie, hanno finito più per ammirare come eccezione che decifrare quale tesoro posto nelle nostre mani.

 

 

In compagnia del Dio Amico

 

Teresa, attraverso un travaglio maturato tra crisi affettive e spirituali, era giunta ad una profonda esperienza del Dio amico: «Ho molta fiducia nella misericordia di quel Dio che nessuno ha mai preso invano per amico, giacché l'orazione mentale non è altro, per me, che un intimo rapporto di amicizia, un frequente trattenimento da solo a solo con Colui da cui sappiamo di essere amati» (Vita 8,5).

 

E nel pieno vigore della sua esistenza, senza voler fondare un nuovo Ordine, desiderava radicarsi nell'esperienza contemplativa dei santi Padri del Carmelo, cioè negli ideali proposti dalla prima comunità di frati-eremiti all'origine del Carmelo (Cammino ed. Escor., 3,7; 16,4; Fondazioni, 14,4.5), con un progetto di vita fraterna adeguato alle esigenze ai problemi e alla sensibilità religiosa del suo tempo.

 

In un contesto ecclesiale che vedeva molti cattolici,

battezzati sì, ma privi di un sostanziato cammino spirituale, abbandonare la Chiesa a favore della Riforma protestante, Teresa, consapevole delle mediocrità presenti tanto nella vita laica che in quella religiosa, si sentì interpellata ad un esodo in prima persona: «Sento dire alle volte, quando si parla del principio degli Ordini religiosi, che Dio faceva maggiori grazie a quei nostri antichi santi perché dovevano essere di fondamento. Sì, è vero, ma non si deve dimenticare che, rispetto a coloro che verranno dopo, sono pure di fondamento quelli che vivono oggi. Se noi di oggi conservassimo il fervore degli antichi e altrettanto facessero i nostri successori, l'edificio si manterrebbe saldissimo.

Chi vede il proprio Ordine andar perdendo in qualche cosa, procuri di divenire pietra così forte da rialzare l'edificio. E il Signore l'aiuterà» (F 4,6-7).

 

Questa convinzione la condusse a rischiare l'uscita dai modi già noti di essere monaca, per far venire alla luce un piccolo progetto di fraternità al femminile.

 

 

  Rischiare la vita per amare Gesù

e per farlo amare

   

Teresa era andata scoprendo come quell'avventura spirituale che da anni l'aveva coinvolta, nella faticosa scelta di un'amicizia senza se e senza ma con il Cristo, non era impresa meno arrischiata dei suoi spostamenti.

Anzi, quelli materiali erano cifra possibile di una ricerca, di un dinamismo più profondo sulle tracce dello Sposo, che la Sposa del Cantico, la Chiesa, anche attraverso di lei, stava compiendo per interpellare molti fratelli e sorelle.

 

Così in un bel passaggio del Cammino, esortava le sue sorelle:«Non spaventatevi, figliole, se molte sono le cose a cui bisogna attendere per cominciare questo viaggio divino [della preghiera].

E' la strada reale che conduce al cielo, sulla quale si guadagna un'infinità di beni e non è certo strano che ci debba parere gravosa... Se voleste guadagnare anche solo un centesimo il mondo non vi ostacolerebbe... ma voi muovete alla ricerca di ben altro tesoro... Volere o non volere, figliuole, tutti, benché in diversa maniera, camminiamo alla volta di questa fonte» (C 21,1.5-6).


Questa donna dal cuore profondamente umano non riteneva che fosse possibile essere cristiani, in qualsiasi vocazione, rimanendo indifferenti dinanzi al Cristo, al Dio fatto Uomo, consegnato all'umanità nella Parola e nell'Eucaristia.

 

E la sua grande intuizione fu cogliere che l'amore al Cristo doveva manifestarsi in pienezza verso il suo Corpo crocifisso che è la Chiesa, pellegrina nel tempo, ferita ed umiliata dalle scelte e dai peccati umani.

 

Teresa aveva sperimentato che era assai più facile rimanersene seduti, facendo appunti agli altri. Invece, passare dalla critica salottiera al peso di iniziative concrete, implicava entrare in quella sana dimenticanza di sé che il Cristo chiede ai suoi amici e amiche: «Torno dunque a coloro che vogliono battere questa strada senza più fermarsi fino a che non siano giunti all'acqua viva. Importando molto conoscere come incominciare, dico che si deve prendere una risoluzione ferma e decisa di non mai fermarsi fino a che non si sia raggiunta quella fonte.

 

Avvenga quel che vuole avvenire, succeda quel che vuol succedere, mormori chi vuol mormorare, si fatichi quanto bisogna faticare: ma a costo di morire a mezza strada, scoraggiati per i molti ostacoli che si presentano, si tenda sempre alla meta, ne vada il mondo intero» (C 21,2).

 

Tutto questo, la preghiera e i viaggi o, se si preferisce, il viaggio della preghiera, tanto nel silenzio di un oratorio quanto sotto il telone di carri traballanti, le aveva insegnato.

 

La carovana di Gesù e di Teresa

 

E' stato proposta una lettura simbolica delle Fondazioni di Teresa quale immagine di una comunità di sorelle/fratelli in cammino nella storia, guidata dall'Amico che dona con generosità a chi vuol ricevere (F 2,7).

 

Tale prospettiva si può sicuramente valorizzare sia sul piano personale che riguardo all'itinerario della Chiesa e del Carmelo nel tempo.
Intanto, scegliere di viaggiare comporta il camminare-insieme, l'intersecare storie, avventure spirituali a volte affascinanti e a volte contorte, non prive di immaturità e di piccinerie.

 

L'epistolario teresiano ci rivela la difficile scelta delle monache per i monasteri più isolati, il tentativo di stabilire reti di amicizia per le nuove fondazioni, le consultazioni senza sosta di teologi di ogni ordine.

La convivenza poi durante spostamenti, lavori e critiche, risultava un buon banco di prova. Al proposito la madre scriveva: «Non era piccola poi la mia pena nel dovermi accomodare ai diversi caratteri che s'incontrano viaggiando, come pure abbandonare le sorelle e figliuole mie per recarmi da un luogo all'altro» (F 27, 18).

 

I battezzati e tra essi i fratelli e le sorelle del Carmelo, guidati dalla luce della Parola e dal Pane della Vita, sono invitati a porsi in cammino, ma non sono mai garantiti del tutto dal pericolo di smarrire la strada, di affondare nel fango, di cadere in un burrone (F 24,10-12; 30,13; 31,16-17). Eppure, su queste strade, tra simili difficoltà,

segno della mondanità, della fatica del credente per non omologarsi, Teresa continuò ad avanzare coinvolgendo molti.

 

Talvolta, capitava, come presso Burgos: «Che vi era tant'acqua che i ponti ne erano coperti e non si distingueva alcuna strada: dappertutto acqua, da una parte e dall'altra, e molto profonda. Era una temerità tentare quel passaggio...».

Forse ella allude anche alle scommesse del nostro tempo e al problema di osare lì dove non sembrerebbe più possibile?

 

Proprio in questi viaggi, Teresa riuscì a tessere rapporti cordiali con varie persone senza dimenticare i consigli ricevuti, i santi incontrati, gli aiuti accolti, con qualche guizzo di umorismo come quando si trovò ad entrare a Medina tra i tori pronti per la corrida dell'Assunta (F 3, 7).

 

Tutto si può rimproverare a Teresa, ma non mai un eccesso di prudenza che a volte paralizza in un'attesa che mai si compie e che spreca occasioni irripetibili. La narrazione di tutto questo è il segno dell'amicizia di Dio che opera nel mondo anche attraverso la vita di normali donne e uomini.
Ma saremo noi capaci, con il Gesù di Teresa, di "avventurare la vita" per seguirlo?

 

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